Scoperto un colore invisibile all’occhio umano



Un gruppo di scienziati ha stimolato selettivamente i coni della retina, cellule sensibili alla luce, permettendo a cinque persone di percepire un nuovo colore, chiamato OLO, descritto come un blu-verde estremamente vivido. Pubblicata su Science Advances, la ricerca punta a controllare ogni fotorecettore della retina per studiare i meccanismi della visione, replicare malattie oculari e, potenzialmente, compensare difetti nei daltonici.

Tecnologia: Come percepiamo i colori?

L’occhio umano utilizza fotorecettori specializzati: i coni per la luce intensa (rossa, verde, blu) e i bastoncelli per la visione in condizioni di scarsa illuminazione. I coni si suddividono in tre tipi:

  • L (long) sensibili al rosso,
  • M (medium) al verde,
  • S (short) al blu.

Questi inviano segnali elettrici al cervello, dove l’informazione visiva viene integrata e interpretata come colore. Normalmente, i colori che percepiamo derivano da combinazioni di stimoli provenienti da due o più tipi di coni. Tuttavia, in questo studio, i ricercatori sono riusciti a isolare selettivamente i coni M, attivandoli con una precisione mai raggiunta prima grazie a una tecnica laser sofisticata.

In questo modo, i partecipanti hanno percepito OLO, un colore che non esiste nella tavolozza naturale dell’occhio umano. Il punto nello spazio colore è stato definito con le coordinate (0,1,0) su una mappa 3D detta color space, in cui ogni asse rappresenta l’attività di un tipo di cono. Questo suggerisce che la percezione di OLO è dominata esclusivamente dall’attivazione dei coni M, senza il contributo degli altri due.

Sfide e prospettive

L’esperimento ha richiesto un'estrema precisione: i partecipanti dovevano mantenere lo sguardo fisso su un punto, perché solo una piccolissima porzione della retina era stata mappata in dettaglio. Qualsiasi movimento oculare avrebbe reso difficile stimolare lo stesso cono più volte. Questa limitazione rappresenta una delle principali sfide per un'applicazione clinica o commerciale della tecnica.

Ma le prospettive sono affascinanti:

  • Studio della daltonia: molti difetti visivi derivano da malfunzionamenti nei coni o da alterazioni nei segnali nervosi. Questa tecnica potrebbe permettere di simulare o compensare difetti visivi con estrema precisione, permettendo a chi è daltonico di “vedere” in modo più simile a chi ha una visione normale.
  • Replicare la tetracromia: alcune persone, per lo più donne, possiedono un quarto tipo di cono (una mutazione genetica che interessa il cromosoma X) e riescono a distinguere milioni di colori in più rispetto alla media. Se si potesse stimolare artificialmente un quarto canale percettivo in chi non lo possiede naturalmente, si aprirebbe la strada a una nuova frontiera nella percezione visiva umana.

Implicazioni più ampie

Questa ricerca rappresenta un passo avanti cruciale nel campo della neurovisione e della bioingegneria. Il controllo mirato dei fotorecettori potrebbe essere utilizzato non solo per studiare la percezione del colore, ma anche per:

  • Sviluppare interfacce neurali ottiche, capaci di trasmettere informazioni visive personalizzate direttamente alla retina.
  • Creare esperienze visive aumentate, dove nuovi colori, invisibili all’occhio umano naturale, potrebbero essere utilizzati per applicazioni artistiche, mediche o militari.
  • Testare farmaci e terapie genetiche per malattie della retina su scala cellulare, valutando in tempo reale l’effetto su singoli fotorecettori.

La scoperta di OLO apre un nuovo capitolo nella comprensione della visione umana e nella possibilità di espandere artificialmente i limiti sensoriali del nostro cervello. Se un colore "impossibile" può essere creato stimolando un solo tipo di cono, allora il potenziale per reinventare il modo in cui vediamo il mondo è solo all’inizio. La strada è lunga, ma la visione – letteralmente – è chiara.

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